Gli Internati Militari Italiani (Imi), così chiamati dai tedeschi che non vollero considerarli prigionieri di guerra veri e propri, furono i soldati dell’esercito regio che, dopo l’8 settembre 1943, disorganizzati e privi di ordini per la fuga del re Vittorio Emanuele, di Badoglio e dello Stato Maggiore, vennero catturati in massa dai tedeschi, gettati nei treni piombati e deportati nei Lager in Germania, dove rimasero reclusi fino alla liberazione, nell’aprile 1945. Nei campi di prigionia come Wietzendorf, Fallingbostel e Sandbostel scrissero una luminosa pagina della Resistenza, che per loro fu la “Resistenza senz’armi”, ovvero “l’altra Resistenza”.
Il loro No ai fascisti e ai nazisti fu una grande vittoria morale, un gesto di alto valore etico che aiutò il Paese a ritrovare la strada della libertà e della democrazia. Basti ricordare le cifre degli Imi. Degli 810.000 soldati italiani catturati dai tedeschi, dopo l’8 settembre, e deportati in Germania, 160.000 circa optarono per la Rsi o si arruolarono nelle Ss italiane o si impiegarono nella Organizzazione Todt (che reclutava operai per adibirli a lavori di ogni genere in Germania) o collaborarono in vario modo con il Reich. Gli altri 650.000 preferirono restare come IMI nei campi. Di questi ne morirono dai 30.000 ai 50.000.
Narnesi internati di cui conosciamo la storia furono : Piantoni, D’Ormea, Riccetti, Grisci, Montemari, Proietti, Seri, Garbini, Mario Cari e Filiberti Demo.
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